licenziamento dirigenti

Il 28/10/2020 è entrato in vigore il Decreto Legge 28/10/2020, n. 137

“Ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19.” – c.d. Decreto Ristori

IL DIVIETO DI LICENZIAMENTI PROROGATO FINO AL 31/01/2021

Il Decreto Legge in oggetto ha prorogato (per la terza volta) fino al 31/01/2021 il c.d. divieto di licenziamenti per motivi economici (Art. 12, commi da 9 a 22, rectius 12), in essere già dal 17/03/2020, ossia dall’ entrata in vigore del c.d. Decreto Cura Italia.

Una misura nata come temporanea all’inizio della pandemia si può dire sia diventata strutturale essendo oramai ininterrottamente in vigore per circa un anno (17/03/2020-31/01/2021).

Il Decreto Legge in questione precisa che fino 31/01/2021 è precluso l’avvio delle procedure di licenziamento collettivo e di quelle individuali fondate su un giustificato motivo oggettivo, vale a dire ex art. 3 della Legge n. 604 del 1966, salvi casi eccezionali espressamente indicati dalla norma, quali:

• cambi appalto;
• cessazione definitiva dell’attività dell’impresa;
• accordo collettivo aziendale di incentivo all’esodo;
• fallimento senza esercizio provvisorio dell’impresa.

I LICENZIAMENTI ESCLUSI DAL DIVIETO

Non rientrano tra il licenziamenti sottoposti al divieto:

• i licenziamento c.d. disciplinare, ossia intimato dal datore di lavoro a fronte di un inadempimento del lavoratore integrante giusta causa ovvero giustificato motivo soggettivo;
• il licenziamento in periodo di prova;
• il licenziamento per superamento del periodo di comporto, essendo considerato un’ ipotesi di recesso a se stante, non rientrante né nel giustificato motivo oggettivo né in quello soggettivo;
• il licenziamento del dirigente per motivi economici: tale licenziamento è stato da alcuni inserito per ragioni di ordine sistematico tra quelli vietati, ma il dato letterale della norma è chiarissimo perché la stessa si riferisce ai licenziamenti intimati ex art. 3 Legge 604 del 1966 che per espressa previsione non si applica ai dirigenti (cfr. art. 10 ella Legge 604 del 1966).

CONSEGUENZE DELLA VIOLAZIONE DEL DIVIETO

Il licenziamento intimato in violazione del divieto di cui si discorre risulta essere nullo in quanto operato in violazione di norma di legge imperativa, ex art. 1418 cod. civ.

Al licenziamento nullo, a prescindere dai requisiti dimensionali del datore di lavoro e dall’assunzione in regime o meno di job act, si applica la tutela reintegratoria “forte” (prevista dal vigente art. 18, comma 1, Statuto dei lavoratori ovvero dall’art. 2 del D. Legisl. n. 23 del 2015, a seconda della data di assunzione) secondo cui spetta al lavoratore illegittimamente estromesso:

• la reintegrazione nel posto di lavoro, indipendentemente dal motivo formalmente addotto a base del licenziamento;
• un’indennità commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione, dedotto quanto percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative. In ogni caso la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità della retribuzione globale di fatto. Il datore di lavoro è condannato inoltre, per il medesimo periodo, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali;
• in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un’indennità pari a quindici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, la cui richiesta determina la risoluzione del rapporto di lavoro, e che non è assoggettata a contribuzione previdenziale.

NASPI E VIOLAZIONE DEL DIVIETO

L’INPS ha emanato proprio Messaggio (Msg. INPS 1 giugno 2020 n. 2261) con il quale ha disciplinato la NASPI in ipotesi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimato in periodo di divieto. Detta disciplina prevista per il Decreto Cura Italia – e che attribuisce il diritto alla NASPI anche per il lavoratore licenziato in violazione del divieto di licenziamento de quo – deve essere ragionevolmente applicata anche nella vigenza dei successivi provvedimenti legislativi che hanno disposto la proroga del divieto.

Nel citato Messaggio si legge testualmente:

<<l’Ufficio Legislativo del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, nel chiarire che l’indennità di disoccupazione NASpI è una prestazione riconosciuta ai lavoratori che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione, ha osservato che “non rileva dunque, a tal fine, il carattere nullo del licenziamento per giustificato motivo oggettivo – intimato da datore di lavoro nel periodo soggetto a divieto – atteso che l’accertamento sulla legittimità o meno del licenziamento spetta al giudice di merito, così come l’individuazione della corretta tutela dovuta al prestatore”.  In ragione di quanto sopra, è possibile procedere, qualora sussistano tutti i requisiti legislativamente previsti, all’accoglimento delle domande di indennità di disoccupazione NASpI presentate dai lavoratori il cui rapporto di lavoro sia cessato a seguito di licenziamento – con le causali di cui al citato articolo 46 del decreto-legge n. 18 del 2020 – intimato anche in data successiva al 17 marzo 2020, di entrata in vigore della richiamata disposizione di cui al decreto Cura Italia.

Tuttavia, si fa presente che l’erogazione della indennità NASpI a favore dei lavoratori licenziati per giustificato motivo oggettivo – nonostante il divieto posto dall’articolo 46 del decreto Cura Italia – sarà effettuata da parte dell’Istituto con riserva di ripetizione di quanto erogato nella ipotesi in cui il lavoratore medesimo, a seguito di contenzioso giudiziale o stragiudiziale, dovesse essere reintegrato nel posto di lavoro>>.

30 ottobre 2020

Avv. Gianluca Ciampolini